CTLF Corpus de textes linguistiques fondamentaux • IMPRIMER • RETOUR ÉCRAN
CTLF - Menu général - Textes

Trombetti, Alfredo. Elementi di glottologia. [Fonologia. Morfologia] – T02

Prefazione

È trascorso ormai mezzo secolo da quando, sui banchi di una
scuola elementare, iniziai natura duce i miei studi linguistici, che mai
non furono interrotti né rallentati nel corso di questi cinquant'anni.
Con indirizzo dapprima pratico e leggermente filologico attesi allo
studio delle principali lingue europee ed orientali, finché la lettura
del « Grundriss » di Carlo Brugmann spinse per sempre me ventenne
nel campo degli studi comparativi. Senonché il « Grundriss », venuto
a mia conoscenza dopo la « Grammatica » del Bopp e il « Compendium »
dello Schleicher, mi disorientò alquanto per la novità delle dottrine
esposte ; onde io mi volsi agli studi comparativi semitici, uraloaltaici
e dravidici. Ritornando all'Indoeuropeo dopo avere acquistate chiare
nozioni di molteplici processi linguistici, mi parve che dominassero fra
gl'indoeuropeisti idee un po' grette, e la fiducia illimitata che avevo
avuto fino allora nei metodi e risultati della glottologia indoeuropea
fu scossa. La reazione che ne segui mi portò, come suole avvenire, ad
un eccesso opposto. Appartiene a quel periodo di tempo (1897), fortunatamente
breve, un lavoro che ripudiai e ripudio, benché esso contenga
qualche buona osservazione.

Intorno al principio di questo secolo i miei studi comparativi
avevano ormai raggiunto la massima estensione. Di ciò fanno fede le
due lettere al prof. Hugo Schuchardt « Delle relazioni delle lingue
caucasiche con le lingue camitosemitiche e con altri gruppi linguistici »
pubblicate nel Giornale della Soc. As. Italiana (voi. XV 1902 e XVI
1903). Alla fine del 1902 avevo compiuto gran parte di un lavoro
intitolato « Nessi genealogici fra le lingue del mondo antico », che,
Ipresentato manoscritto all'Accademia dei Lincei, ottenne il Premio
Reale. Era una prima vasta sintesi sulla base di fatti sottoposti ad
accurata analisi, sui quali poggiava anche l'edifizio di « Unità d'origine
del Linguaggio » (1905), benché forse ciò non apparisse.

In principio dell'Introduzione di codesto libro è detto che intento
de' miei studi era stato in origine non già di dimostrare l'unità del
linguaggio umano, bensì di stabilire definitivamente se fra le lingue
semitiche e le indoeuropee si dovesse ammettere un nesso genealogico,
per quanto remoto. Questo giova ripetere per coloro i quali nell'opera
mia si ostinano a non vedere che la monogenesi del linguaggio e,
peggio, imaginano che io fossi mosso da una tesi preconcetta. Ad
affrontare il problema delle parentele linguistiche in tutta la sua
ampiezza fui indotto dalle ragioni esposte nella Introduzione ; e, allargato
così il campo d'osservazione, m'imbattei nel 1902 inaspettatamente in
una serie di precise concordanze fra i numerali africani e quelli delle
lingue Munda-Khmer dell'India e Indocina, fatto di capitale importanza
che molti continuano ancora ad ignorare, e che si può spiegare solo
ammettendo una comune origine. Fu allora che mi apparve possibile
e dimostrabile l'unità del linguaggio, la quale infatti io affermai già
nel 1903, instaurando per la prima volta la mia dottrina monogenistica
(§ 240). E se osai affrontare il grave problema si fu, oltreché per una
naturale propensione alle cose ardue, per la lunga precedente preparazione,
che ho creduto opportuno ricordare.

Era però quasi naturale ed inevitabile che la mia dottrina così
decisamente monogenistica dovesse suscitare incredulità e diffidenza.
Fino allora avevano dominato nella glottologia i sistemi poligenistici
più assurdi e infondati, sostenuti da celebrati maestri alemanni. Si
aggiunga che molti, troppi lavori comparativi, condotti senza alcun
metodo, avevano contribuito ad accrescere il generale scetticismo. Né
io voglio tacere la parte di colpa che possa spettare a me ; poiché,
costretto alla brevità e schivo di tutto ciò che mi sembrava superfluo,
non curai di fare nei miei lavori quello sfoggio di erudizione altrettanto
facile quanto inutile, che agli occhi di molti appare quasi come
un sigillum veri. Credetti però necessario dimostrare in « Come si fa la
critica di un libro » (1907) quanto fossero infondate le obbiezioni mosse
da alcuni, e trattare a fondo le questioni di metodo e di principi. Di
esse si è discusso non poco in questi ultimi anni, e ora si desiderano
piuttosto i fatti, i quali consistono nelle comparazioni, di cui si alimenta
la nostra scienza.II

Seguirono poi, insieme con altri lavori di minor mole, i « Saggi »
pubblicati nelle « Memorie » di questa R. Accademia delle Scienze
(I. Pronomi personali 1908. - II. I numerali 1913. - III. Comparazioni
lessicali 1920). Ma poiché una vita anche non breve non sarebbe bastata
per trattare con tanta ampiezza il resto della materia, stabilii di riassumere
il tutto in questi « Elementi di Glottologia » che ora vedono la luce.

Elementi, non libro elementare di divulgazione, quale forse potrà
seguire fra qualche anno. Tutto ciò che si può apprendere dai comuni
manuali è di proposito omesso, per non aumentare la mole del libro.
Chi confronti la materia contenuta nel presente volume con quella di
U., vedrà quanto essa sia aumentata e migliorata, benché solo una
parte dell'enorme materiale da me raccolto vi abbia potuto trovar
luogo. La Introduzione riuscì più lunga di quanto avevo divisato, e ciò
mi costrinse a maggiore brevità nel resto. Della Fonologia avrei desiderato
di trattare più a lungo la parte generale, se non me lo avessero
impedito i limiti prefissi. Quanto alla Morfologia, l'averne stralciato
una buona parte per assegnarla all'Introduzione, valse ad alleggerirla
e a contenerla in discreti limiti.

Per non essere frainteso (come è avvenuto altre volte) dirò che
per me tutte le lingue conosciute sono propagini di un unico ceppo,
continuazioni di un unico linguaggio primigenio. Il diritto ad affermare
questo è quel medesimo per cui si afferma essere le lingue indoeuropee
continuazioni o fasi di un unico linguaggio. E fino a che non siano
confutate ad una ad una e nel loro insieme le infinite prove addotte,
la mia dottrina (non teoria né ipotesi !) deve considerarsi come dimostrata.
Del resto, a parte l'opera mia, da un ventennio la Glottologia
procede appunto nella direzione da me indicata.

Ma, ripeto, non è giusto guardare nella mia opera solo alla conclusione
ultima, quando quasi ad ogni pagina trovasi una discreta copia
di fatti nuovi, sui quali sarei lieto che si volgesse l'attenzione degli
studiosi.

E ora qualche parola per coloro che giudicheranno prematura e
temeraria la mia impresa. Se Lidzbarski giudicò prematura la comparazione,
pur così rigorosamente metodica, dell'Indoeuropeo e Semitico
fatta dal Moeller (v. la risposta in Vergl. indog.-sem. W., con la quale
consento pienamente), tanto più potrà ritenersi prematura l'opera mia.
Rispondo che la scienza non procede sempre al passo e che, se si
dovessero aspettare tutti i lavori preliminari, il progresso sarebbe
minimo. Rusticus exspectat dum defluat amnis ! Se Francesco Bopp
IIIavesse aspettato che fossero compiuti tanti lavori preliminari, la Grammatica
comparata non avrebbe mai visto la luce. Codesto spirito gretto
farebbe ignorare il Cielo prima che la Terra fosse conosciuta fino
all'ultimo canto.

Del resto é ozioso giudicare una dottrina matura o prematura,
quando invece importa giudicare se sia vera o falsa. Che manchino
poi nel caso speciale i lavori preliminari sufficienti all'uopo, può essere
affermato solo da chi li ignora. Posso dire di non aver risparmiato
sacrifizi per riunire l'occorrente nella mia biblioteca privata, non
potendo giovarmi delle biblioteche pubbliche di questa città sprovviste
di tutto nel ramo linguistico. Certo, mi sono rimaste inaccessibili molte
opere, che avrei consultato con piacere e profitto ; ma d'altra parte
ricordo le parole di Georg von der Gabelentz : « Chi vuol fare da
pioniere non deve viaggiare con un bagaglio troppo pesante, altrimenti
non arriva lontano ». Il mio bagaglio non era però neanche troppo
leggero, come potrebbe credere qualcuno tratto in inganno dalla parsimonia
delle citazioni. Un glottologo francese, del quale ho alta stima,
pur riconoscendo che io mi tengo « au courant des publications sur tous
les domaines dans la mesure du possible », notava recentemente (senza
farmene colpa) l'omissione del libro della Homburger sulla fonetica del
Bantu. Ora il curioso si è che proprio quello é l'unico libro di cui finora
io abbia fatta una recensione, la quale occupa ben venticinque pagine
della Rivista degli Studi Orientali (Roma, 1913).

Ardita è senza dubbio la mia impresa, ma non temeraria. Una
preparazione amorosa assidua intensa di cinquant'anni non può dirsi
inadeguata. Si aggiunga una memoria che dall'Ascoli fu detta portentosa
e che, comunque, credetti mio dovere mettere a servizio della scienza.
Ardimento e prudenza non devono escludersi a vicenda ; perciò nessun
giudizio poteva riuscirmi più gradito di quello, dato da Hugo Schuchardt,
di non avere io dimenticato la prudenza accanto all'ardimento (Sitz.
der k. preuss. Ak. der Wiss. 1917 p. 528, v. anche Revue Internationale
des Études Basques 1922 p. 81).

Concorde col Maestro di Graz in molti punti essenziali della nostra
dottrina, ho dovuto con rammarico dissentire in una questione importante,
quella del carattere passivo del verbo transitivo. E qui dissento
anche da un valente glottologo quale è l'Uhlenbeck. Mi auguro che
le mie osservazioni (alle quali ora potrei aggiungerne non poche altre)
valgano a condurre ad una revisione generale del problema, che ha
un'importanza considerevole.IV

Con l'opera mia coscienziosa ho inteso di porre le prime basi della
Glottologia, di cui non avevamo finora che dei frammenti, per quanto
insigni. Possano i miei sforzi contribuire ad aprire nuove vie al magnifico
progresso di una scienza così nobile e feconda !

Alla Amministrazione della Cassa di Risparmio in Bologna che,
accogliendo il voto espresso dalla Classe di Scienze Morali, con elargizione
cospicua rese possibile la pubblicazione di questo libro, e al Direttore
di essa, Comm. Enrico Silvani, esprimo la mia profonda riconoscenza.
E mi é grato di poter fare pubblica attestazione di simili sentimenti
anche da parte della Classe.

Al Signor Enrico Lips di Zurigo devo se potei corredare l'opera
di una carta linguistica generale. La Casa Editrice, da parte sua, nulla
trascurò perché l'edizione riuscisse decorosa. Né io voglio dimenticare
il bravo compositore Signor Alberto Fanti, che attese all'opera sua con
vero amore. A tutti siano resi vivi ringraziamenti.

L'illustre mio collega ed amico prof. sen. Vittorio Puntoni, Rettore
della Università di Bologna, sa perché e con quale animo questo libro
gli è dedicato.

Bologna, Marzo 1923.
Alfredo TrombettiV